A che servono questi quattrini

A che servono questi quattrini

Commedia di Armando Curcio

Scritta con successo da Armando Curcio per i De Filippo, alla vigilia della seconda guerra, prima che il furore attivo degli eventi devastasse ogni dolcezza, “A che servono questi quattrini?” sa smitizzare con garbo incensurabile retoriche corporativiste o stakanoviste di quegli anni esaltati. La sceneggiatura è condita con battute tanto brillanti quanto intelligenti sul rapporto delle persone con i beni materiali, con l’apparire nella società, con le dinamiche uomo-donna nella vita di coppia. Il tutto con buon gusto e senza mai scadere in volgarità. In un passo della commedia, uno dei protagonisti, lo sprovveduto Vincenzino Esposito esclama: “Il danaro non ha mai dato la felicità a nessuno! Specialmente quann’è poco!”. E lo dice con una riserva di popolana ironia che mette in discussione la tesi del suo maestro filosofo, lo spiantato marchese Eduardo Parascandolo, barbone metafisico. Costui si aggira per i vicoli e i bassi di Napoli, raccogliendo adepti tra gli emarginati e i semplici che plagia con le sue bizzarre e fascinose teorie: “il denaro è un trucco, serve solo ad apparire ciò che non si è” secondo il vecchio furbo Professore. E di conseguenza il faticoso lavoro che lo procura è inutile; la vita è il dolce far niente, l’ozio filosofico, la liberazione della fantasia; la ricchezza inventata può procurare gli stessi vantaggi della ricchezza reale. Tesi che si ribalta in comico paradosso quando la sua applicazione esige al contrario frenetica organizzazione, competenza commerciale, astuzie e praticità dinamiche e non più contemplative che sistemeranno non solo l’incolto Vincenzino, ma pure il suo geniale maestro, inventore di un’eredità inesistente e comunque felicemente risolutiva. In quest’epoca di furia tecnologica, avvelenata dall’ansia di denaro e dal consumismo dissennato, la compagnia Aprustum  porta in scena questa surreale commedia di Curcio affinché sia divertita riflessione per rivalutare, assolvendoli dal senso di colpa, anche il tempo improduttivo, le pause inerti che rivitalizzano la fantasia e il piacere del sentirsi vivere.

Con Fedele Battipede, Antonio De Biase, Filomena De Tommaso, Nunziato Di Benedetto, Ivan Donadio, Luca Donadio, Marianna Fortunato, Luigi Grisolia, Rosanna Guaragna, Alessandro Laitano, Gabriele Pacenza, Mariella Pudia, Claudio Scriva e Lucrezia Zaccaro.

Scenografie  Andrea Magnelli

Regia Casimiro Gatto

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